Cultura

Un primo passo, assieme alla separazione tra beni culturali e spettacoli, per ridare dignità a un patrimonio culturale che cade letteralmente a pezzi è quello di delegare gli uffici territoriali, i soli che possono prendersi cura direttamente di monumenti, aree archeologiche, musei, biblioteche e archivi.

Ciò consente di superare l’attuale “catena di comando” dei beni culturali, che è diventata un’infernale macchina burocratica. Non c’è dubbio che dal dopoguerra a oggi il numero dei fruitori potenziali sia cresciuto con una velocità maggiore di quella dei fruitori reali e che musei, siti e spazi espositivi italiani non siano riusciti a fare il salto funzionale oltre che culturale verso la modernità.

Il patrimonio culturale è rimasto, a prescindere dalla dichiarazione di intenti della Costituzione, una questione per pochi, un discorso riservato ad un ristretto gruppo di persone: in definitiva non ha veramente affrontato la sfida della democrazia. Per questo occorre dare sostegno alla fruizione e alla conoscenza perché è proprio la conoscenza la premessa necessaria a una tutela sempre più attiva e diffusa. Il patrimonio culturale c’è, esiste, va conservato, mantenuto, restaurato quando è necessario, reso disponibile e comprensibile ai pubblici.

E’ necessaria una politica completamente nuova che riguardi il finanziamento del cinema, della televisione – questo settore collegato alla ristrutturazione del mercato televisivo con la creazione di una televisione pubblica con un solo canale, senza pubblicità e con il canone pagato con un ticket da tutti i cittadini maggiorenni – del teatro, della musica, comprese le compagnie filodrammatiche amatoriali e le bande di paese. Questo creerà una crescita culturale del paese che attualmente è destinato ad avere una popolazione composta da una gran parte di “analfabeti di ritorno”.